Recensione - The Program
- Irene
- 5 gen 2016
- Tempo di lettura: 3 min
Cari lettori,
torno oggi per parlarvi di “The Program” primo libro di una duologia scritta da Suzanne Young e pubblicata qui in Italia dalla DeAgostini.
Ci troviamo di fronte ad un libro distopico un po’ fuori dalla media in cui l’autrice sembra voler fuggire alla larga da qualsiasi stereotipo che ormai circonda questo genere estremamente popolare.

Titolo: The Program (#1)
Autore: Suzanne Young
Editore: De Agostini
Il mio voto:

Trama:
Il mondo è pericolosamente minacciato dal dilagare di una malattia apparentemente irrefrenabile ed incredibilmente contagiosa: il suicidio.
Ma lo stato Americano sembra aver trovato la soluzione per debellare una volta per tutte questo male: il Programma.
Essendo i giovani i protagonisti di queste morti ripetute, qualsiasi ragazzo che ancora non ha compiuto 18 anni può essere preso - volente o nolente - ed impiantato in questo programma sperimentale in cui nessuno sa realmente cosa succeda e cui unica certezza è si, un ritorno alla vita reale, ma un ritorno alla vita reale da persone azzerate, che in sostanza non ricordano nulla.
“Tutte le persone che entrano nel Programma sono molto malate.”
“Non è questo il punto. Dovremmo poter scegliere” (...)
“Ma come si fa a prendere la decisione giusta quando la mente è offuscata dalla malattia? E’ un’infezione, Sloane. Un contagio comportamentale. E noi siamo l’unica cura”
Sloane e James si amano, ma si amano in un mondo in cui mostrare i propri sentimenti è pericoloso. Un piccolo passo falso e bum: si possono ritrovare internati nel Programma.
I nostri protagonisti sono così costretti ad accantonare e dimenticare un passato doloroso e a mostrarsi sempre tranquilli per provare a sopravvivere ... ma non sempre le cose vanno secondo i piani.
Cosa ne penso:
Devo essere sincera con voi, ho fatto fatica ad iniziare questo libro così acclamato ed apprezzato, probabilmente proprio perchè spiazzata dalla mancanza di tutti quei particolari e quegli stereotipi che siamo ormai abituati a ritrovare in un qualsiasi libro distopico; e se all’inizio mi era sembrato un grande svantaggio di questo libro, arrivata alla fine posso affermare con certezza che è probabilmente questo il punto di forza più grande del romanzo.
Sloane non è assolutamente un’eroina, James non è quello forte e duro della situazione, sono due personaggi normali e per niente speciali ... ed immagino sia per questo per questo che li ho adorati.
Non voglio parlarvi più di tanto del libro, in questo caso, perchè dicendo una qualsiasi cosa potrei finire per rovinarvi tutta la storia.
Voglio invece spendere due parole su quelli che sono i temi trattati in questo romanzo: la morte, i ricordi e la vita.
Ritengo che parlare di suicidio ai giorni nostri sia stata una scelta estremamente coraggiosa da parte dell’autrice, lo sappiamo tutti che è un fenomeno purtroppo in continua crescita, sempre più persone decidono di mettere un punto alla propria vita.
Ma cosa spinge una persona a suicidarsi?
Un ricordo, una situazione difficile, comunque un qualcosa che va a caratterizzare l’esistenza dell’interessato.
E come risolvere il problema?
Semplice: elimini i ricordi che la persona ha della propria esistenza, della propria storia e di sè stesso.
Che cosa rimane allora?
Una persona vuota, un estraneo a sè stesso.
Ha allora senso continuare a vivere?
E’ vita non essere più sè stessi?
L’unica cosa che non mi ha fatto impazzire del romanzo è purtroppo lo stile di scrittura che non sempre mi ha saputo prendere, non so dirvi se sia a causa della traduzione o delle tecniche narrative adottate dalla scrittrice, diciamo che ve lo farò sapere dopo che avrò letto in lingua “The Tratment” che è il seguito di “The Program” ancora inedito nel nostro paese.
Lettura assolutamente consigliata!
Alla prossima,
Irene.
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